L’altro ieri, il giorno del mio …esimo compleanno, il mio terzo mi propone di uscire a mangiare. Qualche anno fa ci eravamo imbattuti in una bella trattoria, nemmeno troppo alla buona, con un menù composto da specialità locali (siamo in Lomellina), “creativamente” riviste e molto ben eseguite, con una selezione di formaggi interessantissima, oltre ad un’ottima cantina (il posto nasceva, mi pare, come enoteca). In tal locale si organizzavano anche eventi gastronomici di un certo interesse: tavole rotonde del tipo “Facciamo il punto sul salame di Varzi“, serate storico-gastronomiche sulle grasse abitudini alimentari di Lodovico il Moro o presentazione di libri dell’ultimo enoantropologo.
Insomma, una locanda con mescita di un certo interesse culinario, molto curata nell’arredo (con bellissime tende a grosse bande senape e verde in shantung di seta) e qualche pretesa colta. Il maitre (e, credo, patron), un signore con pochi decibel vestito di tweed e velluti, ti accoglieva con una leggerissimo Miles Davis di sottofondo, luci soffuse di design, madie d’epoca, una rassegna di prodotti tipici molto ben confezionati e un clima comunque familiare, che rendevano questo ambiente molto promettente.
Questo è ciò che ricordo (magari con qualche baco) e tale era il Canaja fino a due anni fa, prima del restyling durato diversi mesi che, oltre a far cadere la C, divenuta poi K (e già qui mi doveva punger vaghezza…Kanaia…terribile!), si è riempita di personaggi che con tutta probabilità la k la usano anche nel loro vocabolario (in senso stretto, figurato, come vi pare). All’ingresso ti accoglie un nerboruto che a novenbre indossa una T-shirt bianca come se fosse appena rientrato da una corsa all’aperto e dato che io credo che anche l’abito possa, di tanto in tanto, fare il monaco, lì per lì mi domando se fosse un avventore appena uscito dal corso di Total boby o l’idraulico ancora alle prese con un sifone da sturare.
Sebbene l’edificio seicentesco sia rimasto lo stesso (insomma per questo nuovo locale sarebbe andato bene anche un tre piani degli anni Cinquanta) l’abbruttimento era evidente già da fuori. Sulla finestra principale una luce ad intermittenza disegna l’indecente silhouette di un bicchiere da cui esce qualcosa che, coronato da nastri luminescenti, ricorda nel suo splendore l’imminenza del Santo Natale. Appena entrati, un televisore 42 pollici capeggia sulla testa di chi è lì a farsi il bianchetto serale. In luogo dei vecchi tavoli da osteria vestiti di lino, ora ci sono tavoli in formica rotondi accompagnati da poltroncine anni Ottanta con imbottitura a fiori appassiti.
Incedo con passo incerto verso la saletta, dove fortunatamente non c’è televisore ma foto di scorci paesani B/N in maxi formato, stampate su supporto telato in stile nuovo Kitsch. Ci sediamo, una ragazza in jeans a vita molto bassa ci viene incontro per le ordinazioni e ci dà in mano il menu nella veste di un librone plastificato con scritte gotiche e, letta l’offerta del giorno, avrei voluto tornarmene a casa. Pizze, insalatone, risotto ai frutti di mare, trofie al pesto, tagliatelle al ragù, orecchie d’elefante, filetti al pepe nella versione sia verde che rosa ( insomma una ricercatezza…), profitterol e meringhe industriali oltre a una loro specialità, cheesecake (anche questa industriale, almeno voglio sperare che nessuno si sia impegnato per realizzare artigianalmente siffatto blob), ovvero una panna cotta su un supporto di biscotto con virgole e ghirigori in sciroppo di fragola o cioccolato. E io che volevo mangiare gli gnocchi con la zucca bertagnina.
Bene, dopo 15 minuti avevamo finito di mangiare: io ho preso il solito tagliere di salumi con due fette di lattuga iceberg, che deve aver fatto il giro dei precedenti commensali, con una bresaola e una pancetta tagliate come fettine d’albese, un piatto di ravioli di carne d’oca crudi e il mio terzo, un filetto al pepe verde con sopra una brodaglia color tortora come di quelle che ho visto rovinare sontuose bistecche negli USA. Il conto ce lo hanno portato chiuso in un quadernetto in carta vergata, elegantissima, che infatti riportava ancora il logo della vecchia locanda.
Insomma, al Canaja è successo qualcosa, ma non abbiamo capito cosa. So solo che siamo usciti sconsolati discutendo del decadimento dei costumi, di questo governo e dei ristoranti (magari è tutto collegato…) che pensano di fare cosa buona allineandosi con il menù dell’Autogrill.
Tra l’altro il sito è assolutamente illusorio dato che i contenuti non sono stati aggiornati e non hanno tenuto il passo con la “trasformazione” del locale e vanno raccontando ancora di un luogo dove esiste”… un’aggregazione alternativa, lontana dagli inflazionati stereotipi della birreria e della discoteca” quando in home appare un bel “musica dal vivo e karaoke”, con un logo terrificante, in luogo del vecchio ed elegante caratterere con accennate grazie. Non ultimo il menù, che è ancora quello risalente al 2007, quindi mi chiedo se il mancato aggiornamento è una dimenicanza o è una distrazione voluta.
In sostanza un esperienza che non faticherà a farsi dimenticare. Per rifarci la sera successiva (ieri) siamo usciti di nuovo, da una vecchia “conoscenza”, giusto-giusto a 150 metri dallo studio dove lavoro, da Nicola Cavallaro. Per consolarci a dovere e spazzare via le prime delusioni della vita, quella che inizia a quarantanni! Ma di questa (decisamente non paragonabile) esperienza vi racconterò un’altra volta.
RICETTA
Ingredienti
- Zucca mantovana, 400 gr
- Farina 00, 100 gr
- Uovo, 1
- Grana padano, 50 gr
- Gorgonzola, 250 gr
- Panna, 150 gr
- Sale
- Noce moscata
- Salvia
Tagliate la zucca a tocchi regolari e cuocetela al vapore. Quando cotta mettetela in forno per 20 minuti a 150° per farla asciugare un pò. Passate al passaverdure la zucca ancora calda e unite la farina, l’uovo, il grana, il sale. Mettete il composto in un sac a poche e tagliate gnocchetti regolari direttamente sulla pentola di acqua bollente. I gnocchi sono cotti quando verranno a galla. Prelevateli con una schiumarola e metteteli in una zuppiera condendoli subito con una parte della salsa. procedete così fino ad esaurimento del composto di zucca.
Per la salsa: tagliate a tocchetti il gorgonzola e unitelo alla panna fresca. Fatelo sciogliere dolcemente con qualche fogliolina di salvia e la noce moscata.
incuriosita (e molto turbata) dal tuo racconto, sono andata testè a verificare il sito del nuovo Kanaja…orrore e schifezza! nella prima parte mentre leggevo ti stavo per chiedere dove fosse quest’amena locanda, con la conclusione del racconto direi proprio che ne farò a meno.
ma perchè? (solo questa domanda mi esce) perchè, perchè? PERCHE’???
ps. zucca e zola peccatissimo di gola! 😀
Cielo sono sempre in vergognoso ritardo ma spero siano graditi ugualmente.
Auguri ! *disse capo chino cosparso di cenere e zucca.
Io amo la zucca*urlò (mi calmo, prometto)
e questa ricetta la segno immediatamente perchè già so che quel tizio pelato nippotorinese potrebbe pure impazzire di gioia (ho forti dubbi se preparata da me ma vabbè)
Un bacio !
E ancora tantissimi auguri :X
che delusione è capitato anche a me andare in un posto e scoprire che non è più lo stesso perché la nuova gestione vuole ‘rinnovare’ proponendo qlcosa di kitch 🙁
comunque vedo che ti sei consolata bene con Cavallaro! ne parlano tutti benissimo, aspetto quindi il tuo post al riguardo 🙂
per inciso per questo piatto di gnocchi di zucca al gorgonzola potrei uccidere! 😛
Acciaccata e con il collare ortopedico per una cervicale da vecchia carampana quale sono vi rispondo:
lauretta, non so perchè…cosa vuoi farci, il problema è l’infinocchiata e il conto nemmeno troppo economico in linea con il bar, perchè in fondo è di poco più ce stiamo parlando.
Giulia! grazie…ma ci mancherebbe altro…io che non ho mai fatto pubblicità al mio compleanno ma ho solo pubblicato due post relativi e messo i manifesti fuori di casa per i soliti distratti…;). Scherzi a parte: grazie davvero. Poi la ricetta è davero buona e se non vanno bene al calvo vabbè, li preparerai a qualcuno che può apprezzare veramente… 😉
Sympo: si mi è piaciuto molto cavallaro anche se lo frequento da quando si chiamava ancora l’ape piera…ho mangiato un dessert da svenire ( a me che i dessert non piacciono quasi mai) Era un cono di pasta fillo con un ripieno di ricotta con un pochino di cioccolato e un profumo di arancia intensissimo….ciao 🙂
Cercavo una ricetta con la zucca e mi imbatto in questi fantastici gnocchi, per di più con il gorgonzola…irresistibili!!! e complimenti per il post, anche a me le “k” usate impropriamente causano diffidenza! 🙂
Ti ho letta alternando divertimento e disappunto, soffro anch’io la delusione del “cambiamento/peggioramento”, quella Kappa procurerà loro un bel Kapitombolo 😉
Combinazione anch’io per cena ho usato il gorgonzola con la zucca, pensavo fosse un azzardo, il fatto di trovarlo anche qui mi rassicura. Buona notte 🙂
Chiara…è un’epidemia quella delle k. io appena mi trovo un messaggio kappato non lo leggo nemmeno ma lo cestino
Libera, l’abbinamento con la zucca piace molto anche a me. dolce l’uno piccantino l’altro…:)
Tra l’altro mi sono dimenticata di dire che il gorgonzola usato è quello naturale, più piccante….
konkordo sulle K! ;-p
scherzi a parte son d’accordo sul serio!!! che triste esperienza…fa pensare “In grande” a quel che ci circonda in generale… e intristisce e fa rabbia anche! …. cmq ottimi gnocchi…abbinamente riuscitissimo con il gorgo… si bilanciano!!