Lo ammetto, non amo chi parla di Metodo Classico semplicemente come di bollicine italiane , come se si parlasse di acqua frizzante o chinotto. Credo, infatti, che le cose vadano chiamate col loro nome, perchè come diceva il buon Nanni Moretti chi parla male, pensa male e vive male . Non solo, vi dirò anche di essere in totale disaccordo con Beppe Severgnigni che da Italians, blog del Corriere, sostiene che ci sia, per questi prodotti, un problema di denominazione che ne limita il successo all’estero. Non s illudano di chiamarsi «metodo classico», una denominazione goffa e vaga (s adatta a qualsiasi prodotto, dal lamierino alle scarpe) - tuona il giornalista. Ebbene io sono convinta che l’errore stia proprio lì, nel fatto di non chiamare le cose col proprio nome.
I francesi, al contrario, sono dei veri maestri in questo. Loro, per gli Champagne, utilizzano la dicitura metodo champenoise (non troppo lontano dal nostro metodo classico) e difendono il marchio tanto da averne precluso l’utilizzo a tutti gli altri Paese, comunitari e non. Sanno fare comunicazione, credono nei loro prodotti e sono dei nazionalisti incredibilmente convinti quando c’è da parlare di import-export. Non si potrebbe che imparare da loro, non c’è che dire. Noi, al contrario, ci facciamo degli autogol incredibili, che ci fanno perdere credibilità in patria come all’estero.
Ed allora, tornando a quello che dicevo all’inizio, diciamo le cose come stanno e chiamiamo, con orgoglio e fierezza, ciò che di buono sappiamo fare. Il Metodo Classico, piaccia o no, non vuol dire bollicine. Chiamarle in questo modo è come sminuirle, come parlare di acqua che frizza nel bicchiere, come immaginare dei granelli di digestivo che si sciolgono nell’acqua e, sgasando, ci salvano da una cena pesante. Parliamo invece di Metodo Classico perchè, dietro c’è a questo nome, si nasconde lo sforzo di un produttore che, per lo meno di concetto, ha voluto fare uno spumante con una certa complessità, finezza ed eleganza. Dietro ad ogni bottiglia si nasconde, infatti, un mondo di attese, di cura, di silenzi in cantina… pensiamoci quando apriremo la prossima volta uno spumante Metodo Classico.
Per chi volesse conoscere e approfondire la metodologia di produzione lascio di seguito delle brevi indicazioni prendendo, come esempio, i Franciacorta Docg. I Franciacorta Metodo Classico sono spumanti prodotti con rifermentazione in bottiglia. L’uvaggio consentito è fatto da Chardonnay e/o Pinot Nero fino ad un massimo del 50% di Pinot Bianco. Dopo aver prodotto il vino base ed averne deciso l’assemblaggio (la cosiddetta cuvée), viene aggiunta la liquer de tirage, una miscela di zucchero e lieviti selezionati. A questo punto il vino è imbottigliato e sigillato con un tappo a corona, sotto il quale è inserito un cilindro di plastica (la bidule) che servirà per raccogliere le fecce a fine remuage.
Le bottiglie vengono quindi accatastate ed inizia la cosiddetta presa di spuma : i lieviti trasformano lo zucchero in anidride carbonica, alcol ed altre sostanze. Nell’arco, circa, di sei mesi i lieviti terminano tutto lo zucchero disponibile e muoiono. A questo punto inizia il processo di autolisi: i lieviti rilasciano tutte le sostanze assorbite in fase di fermentazione più tutte le componenti presenti nelle loro membrane cellulari, arricchendo così lo spumante di profumi ed aromi tipici. Più sarà lunga questa fase, detta di affinamento sui lieviti , e più lo spumante sarà complesso e ricco di numerose sfumature.
Dopo questa fase le bottiglie subiscono il cosiddetto remuage , ossia vengono messe in pupitre (cavalletti di legno) o in giropalette e quotidianamente girate fino a passare dalla posizione orizzontale e a quella verticale. In questo modo tutte le fecce scivolano lentamente lungo la bottiglia, fino al collo, ed entrano nella bidule. A questo punto si procede con la sboccatura: il collo della bottiglia viene congelato e immesso in un apposito macchinario che provvede alla stappatura permettendo la fuoriuscita delle fecce. Infine, in base alla tipologia di spumante (Non dosato, Extra Brut, Brut, Extra Dry, Sec, Demi Sec), si può aggiungere uno sciroppo di dosaggio e procedere con la conclusiva tappatura a fungo.
A me piace mangiare bene e di conseguenza mi piace anche bere bene..!!..mi piacerebbe però essere più preparata a riguardo..cioè conoscere vini, abbinamenti, lavorazioni ecc..Trovo questo post molto interessante..Brava Sara..
Brava Giordi! Soprattutto per il cazziatone al “simpatico” Severgnini (e dire che una volta mi piaceva! Da quando ha liquidato in modo acido il mio commento al suo condensato di insulsaggini su Italians, non posso più vedere la sua faccetta presuntuosa!!). Hai letto del nuovo “Cuveè Annamaria Clementi Rosè”? Ne parlano come di un capolavoro assoluto: sette anni sui lieviti! Non so cosa darei per provare l’esperienza mistica di un assaggio!
vi segnalo il link in cui Severgnini parla del metodo classico. http://www.corriere.it/italians/10_settembre_16/Vino-se-il-nome-conta-piu-delle-bollicine_5ff82344-c0d0-11df-baf9-00144f02aabe.shtml
@ Morena…..grazie ma io non ho nessun merito…è Giordana che scrive!!!!
E’ vero Giordana sulla tendenza tutta italiana di sparlarsi addosso