Ferragosto è decisamente lontano ma si sappia che a Ferragosto, e per circa una settimana, in Piazza Aldo Moro, a Crema, va in scena il tortello cremasco, vera gloria gastronomica della città.
La piazza si trasforma in un’enorme tavolata – una sorta di Cena in bianco ante litteram meno bianca e più alla buona – dove vi prendono posto autoctoni e estimatori esotici, in primis inglesi e tedeschi, meno sospettosi di fronte al gusto singolare di questa prelibatezza. Pare che il giorno della tortellata si cucininino trenta quintali di tortelli per undicimila coperti.
Benchè nei libri promossi dalla Pro loco si insista su un apprezzamento del tortello al primo morso, vi dico che, in realtà, non è così.
Di mamma, nonna, bisnonna cremasca (o giù di lì) vi dico che io, il tortello, ho iniziato ad apprezzarlo in età più che adulta. E non sono l’unica, nemmeno tra i cremaschi.
Il ripieno è a dir poco originale: amaretti, biscotti, mentine, mostaccino, formaggio. Le varianti non mancano e, come accade per quasi tutti i piatti della tradizione, ne esiste una versione per ogni campanello. C’è chi li arricchisce con la scorza del limone, per smorzarne la dolcezza, chi preferisce il biscotto secco al mostaccino (che è un biscotto a rombo speziato), chi aggiunge le uvette, chi toglie le spezie.
Tuttavia nessuno è riuscito finora a svelarne la controversa origine. C’è chi appoggia la più probabile origine aristocratica e rinascimentale, chi invece pensa sia un piatto plebeo, creato per smaltire le scorte finite in fondo alla madia. Una sorta di saldo di fine stagione. Ma l’amaretto è suggestivo di influenze austroungariche o tirolesi, mentre le spezie sono un sicuro lascito delle influenze venete. Questo è ciò che ci dice la scarna letteratura∗.
Secondo ciò che riporta questa fonte “…i tortelli cremaschi potrebbero aver visto la nascita durante la lunga dominazione veneziana. A supporto di questa ipotesi ci sono almeno due fattori: il primo è che, senza eccezioni, è un piatto tipico ancora oggi diffuso solo nei paesi della diocesi di Crema, cioè all’interno dei confini dell’antico Territorio Cremasco della Serenissima. Il secondo è dovuto agli ingredienti del ripieno: amaretti (armelline), spezie, canditi ed uva passa, sono tutte merci provenienti dai commerci con l’oriente, sui quali i veneziani hanno avuto per secoli il monopolio. La ricetta attuale si è consolidata verso il finire del 1800.”
Di sicuro, invece, c’è che i tortelli debbano essere conditi da abbondantissimo burro (in pratica ci devono navigare dentro) e copiosissimo grana padano ben stagionato, benchè una volta si utilizzasse l’intingolo dell’anatra.
Una volta cotti, i tortelli dovranno essere quasi bianchi, traslucidi, leggermente gelatinosi e con il ripieno scuro che traspare con evidenza da sotto la pasta.
N.B. La forma dei tortelli in foto non è canonica poichè il tortello è, per tradizione, formato a mezzaluna e poi “pizzicato”, il che, una volta cotto, gli conferirà una caratteristica foggia un po’ informe.
Ricetta∗
Ingredienti
Per la pasta
Farina 00, 500 g
Uovo intero, 1
Sale, q.b.
Acqua calda, q.b.
Per il ripieno
Amaretti al cioccolato marca Gallina, 250 g
Cedro candito, 50 g
Uvetta sultanina, 70 g
Grana padano stagionato (almeno 20 mesi), 150 g
Biscotto “mostaccino” (biscotto speziato che ricorda il Roccocò napoletano)
Uovo, 1
Mentine bianche, 2
Marsala, q.b.
Condimento
Burro, 300 g almeno
Grana padano, tanto
Per prima cosa preparate il ripieno, il giorno prima. E’ importante che questo asciughi a sufficienza.
Ammollate le uvette in un pò di marsala. Pestate in un mortaio gli amaretti, polverizzate le mentine e tritate, a parte, il mostaccino, il cedro, l’uvetta. Riunite ora gli ingredienti in una terrina e poi aggiungete anche l’uovo e il grana grattugiato. Aggiungete un poco di marsala. Impastate fino ad ottenere un composto piuttosto sostenuto. Se l’impasto dovesse risultare troppo morbido, potete “aggiustarlo” con poco pangrattato. Dopo il riposo l’impasto si dovrà poter stendere in salsicciotti (tipo quelli per fare i gnocchi).
Disponete la farina a fontana e unite l’uovo e il sale, poi aggiungete anche l’acqua calda (una volta non si usava aggiungere nemmeno l’uovo ma il lavoro, con le farine attuali, pare davvero arduo). Lasciate riposare per 1 ora circa. Si tirerà una sfoglia abbastanza sottile, ma non sottilissima, con una sfogliatrice. Si formeranno con la foggia preferita, anche se la tradizione vuole il bicchiere per formare il cerchio.
Si prenderà ora il sottile salsicciotto di impasto (diametro circa 1 cm) e lo si taglierà in pezzi non più lunghi di 2 cm. Con questo impasto di riempiranno i dischi di pasta uno a uno e poi si chiuderanno pizzicando il bordo. Fate cuocere in abbondantissima acqua salata per non meno di 30 minuti. Sembra tanto, ma la pasta matta richiede lunghe cotture.
Condite con abbondante burro fuso (con qualche fogliolina di salvia) e abbondante grana padano.
N.B: nella foto non appare in evidenza il burro. I tortelli non aspettano, e la foto è stata fatta in fretta e furia. I tortelli, come già accennato, devono navigare nel burro.
∗ Ricetta tratta da: Crema – ed. Comune di Crema, 2003
Gentile signora Melocchi,
vorrei poterla ringraziare della citazione delle mie righe, ma mi duole farle osservare che, essendo la pagina citata tutelata dal diritto d’autore, sarebbe stato molto opportuno chiedere il permesso all’autore. E visto che lei è una professionista della scrittura web, la mancanza è un epic fail.
Poiché si parla di tortelli cremaschi, la vorrò perdonare, ma mi permetta due osservazioni:
a) la forma quadrata col ‘raviolamp’ è inguardabile, i cremaschi vorranno certamente vendetta dell’affronto
b) avanzi della madia? stiamo scherzando? spezie canditi e mandorle erano prodotti di lusso che i ‘poveri cristi’ non potevano permettersi che una volta all’anno, forse neanche… Si legga a proposito qualunque testo di storia della cucina rinascimentale.
Se una food writer vuole informare la gente, lo faccia almeno con un minimo di preparazione culturale: l’approssimazione è meglio lasciarla alle cuochette della domenica.
Cordiali saluti,
il farmacista goloso
Buonasera Farmacista,
la ringrazio per le puntalizzazioni ma le regole sul diritto d’autore e di citazione mi sono note. La invito a leggere qualcosa qui se le interessa: https://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_di_citazione. Mai mi sarei permessa di citarla senza poterlo fare. Direi che l’epic fail non è il mio :).
Ma se lo desidera tanto, tolgo la citazione e – come si fa in qualsiasi studio editoriale che non abbia tanta voglia di citare le fonti né di essere corretto – sostituisco qualche parola con un sinonimo e mi levo anche dall’impiccio di averla come ospite.
La forma quadrata del raviolo non è canonica, è vero, ma nel mio post l’ho puntualizzato. Tra l’altro è stato fatto da una cremasca, una zia. Non saprei che dire…glielo riferirò. Spero non si strappi i capelli dalla disperazione.
Per il punto b) non è una mia ingenua deduzione, ma ciò è stato riportato da un testo in mio possesso edito dal Comune di Crema (veda l’asterisco) che dovrebbe avere accesso ad archivi e documenti più di quanto potremmo essere in grado di fare noi. Tuttavia, anche io credo che più plausibilmente sia una ricetta rinascimentale (pensi – non si direbbe! – ma di cucina rinascimentale ho anche scritto dei saggi), ma essendo avvezza alle ricerche, trovo opportuno citare tutte le fonti e le teorie, anche le più strapalate o quelle non condivisibili.
Con questo è tutto. E buona digestione
Sara
Perfetto: la prego di togliere la mia citazione, così non avrà impicci, come dice Lei.
Buonasera.
Avevo già provveduto.