L’Expo si è chiuso, con buona pace di tutti, fan e detrattori.
Ora ci faranno un centro di ricerca. Pare. Magari tra quindici anni. Vedremo.
Intanto vi dico che io a Expo ci sono andata tre volte, fortunatamente in tempi “non sospetti” o sarebbe meglio dire “non appetibili”.
Sarei voluta tornarci a settembre. Mi è scappata la voglia e mi sembra superfulo spiegarvi il perché.
A luglio, quando con la caldazza devastante mi sciroppai 18 km in una giornata, vidi un sacco di cose interessanti, cose che non sempre avevano a che fare con il cibo (o preferite che lo chiami food?!)
Del resto, c’è stato un equivoco di fondo. I delusi di Expo sono quelli che sono andati lì pensando di trovare un’immensa fiera gastronomica, una sagra della porchetta formato mondiale, un salone della gulash planetario, un’esposizione di wurstel e Camembert innaffiati da birra e sidro al pari di un novello Paese del Bengodi, ma più figo e intelligente. Sedie della Kartell, installazioni abbastanza criptiche, video e intrattenimenti diversi, esposizioni museali. Agli occhi di molti, tutto questo sarebbe stato tollerabile se ci fosse stato il cibo, la pappa, la roba da mangiare, insomma.
Ma per certi versi questo è stato per molti un miraggio: code lunghe, poca scelta, prezzi alti.
Per poca scelta indendo che non trovavi, uno dietro l’altro, chioschi di cibarie nostrane o esotiche, nè grandi cose nei “market” dei vari Stati. Per fare un esempio, nel padiglione Francia trovavi baguette, qualche biscotto e il fois gras. Stop.
Alla fine molti hanno fatto la cosa più sensata, hanno portato la focaccia da casa.
Cio’ detto, a me è piaciuto perchè sono andata lì con un moderato interesse per il cibo e molto per l’architettura e il design.
In ogni caso ho provato qualche cosa di curioso, se non deecisamente appetitoso: succulenta carne argentina asada, una golosissima brioche ungherese a forma di spirale con zucchero e cannella, una degustazione di piatti coreani e qualche altra cosa che al momento mi sfugge.
Invece presso il ristorante del padiglione Corea ho assaggiato alcune cose discrete e una decisamente originale.
Quest’ultima è una roba che loro chiamano porridge di funghi, praticamente un frullato di funghi, non eccessivamente omogeneizzato, unito a riso e latte di riso (che però, non si sente). Questo è quelo che almeno ho capito io.
La mia versione è un pò diversa ma il sapore sembra sostanzialmente uguale.Ho anche appreso che dalle nostre parti passa con il come di “cappuccino al…qualsiasicosa“.
Non lasciatevi ingannare dall’aspetto blobbesco: è davvero delizioso!
Per la realizzazione della ricetta mi sono avvalsa di una fenomenale padella Staub a triplo fondo, il che permette una cottura rapida e ottimale. Il fungo è un frutto delicato, va trattato con tutti i riguardi…
Ricetta
Ingredienti
Funghi (champignon, porcini, finferli…), 300 gLatte, 150 ml
Burro, 40 g
Sale e pepe, q.b.
Fate fondere il burro in una padella dal fondo spesso, unite i funghi puliti e spazzolati, fateli saltare per pochi minuti a fuoco vivace. Salate e pepate. Quando sono cotti passateli in un mixer con metà del latte, cercando di realizare una crema non troppo omogenea.
Montate il restante latte, leggermente salato, con l’attrezzo apposito (qui) o con la macchina del caffè, tramite la pipetta per cappuccini. Vesate in un una ciotolina la crema di funghi e coprite con il latte montato.
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