Ecco, mentre tutti stanno più o meno a biscottare, io mi lascio coinvolgere da ricette tradizionali e perdute che, alla fine, sono quelle che preferisco.
Questa ricetta l’avevo in serbo da tempo. Il mio cognome è di origine bergamasca e volevo approfondire la cucina della zona che mi ha dato i natali.
Aspettavo che il periodo delle crucifere si facesse intenso (non so voi, ma io non ne posso già più di cavoli e verze) per proporre questa delizia bergamasca scovata su un inserto del Corriere della sera piuttosto vecchio, il quale ci dice ben poco: Valli bergamasche. Il nome significa cappone, in realtà il volatile non c’entra nulla. Piatto delle valli bergamasche: si tratta di involtini di verza ripieni di carne macinata.
Laconici.
Mi sono dunque dilettata a cercare altrove qualche notizia più suggestiva. Di suggestivo effettivamente non ho trovato niente. C’è solo da dire che è un piatto povero, nel ripieno ci finivano avanzi vari e residui di lavorazione di altre preparazioni, ragion per cui non esiste una vera e propria ricetta. Da quello che se ne deduce ogni casa fa un pò come meglio crede.
La nota cuiriosa, però, è che preparazioni simili sono diffuse un pò a tutte le latitudini. La non lontana Milano chiama questi involtini polpette di verza, ma di fatto la ricetta è praticamente identica, anche l’uso di soffriggereun pò di pancetta.
Prima di iniziare a biscottare anche io vi lascio la ricetta, purtroppo la foto del piatto cucinato non ce l’ho. E’ tutto finito in breve tempo. Questo ve la dice lunga circa la bontà di questo semplice piatto, da accompagnare a una fumante polenta.
Ricetta
(per una decina di capù)
Ingredienti
- Verza, 1 molto grande
- Macinato, 200 gr
- Salsiccia, 200 gr
- Grana padano, 150 gr
- Pangrattato, 3 cucchiai
- Uovo, 1
- Polpa di pomodoro, 400 gr
- Pancetta, 2 fette di qualche millimetro di spessore
- Burro, 50 gr
- Olio EVO
- Cipolla, 1
- Noce moscata, q.b.
- Sale, pepe
Prelevate delle belle foglie sane dalla verza e scottatele per 2 minuti in acqua bollente salata. Posizionatele un un largo tagliere e pestate leggermente con il pestacarne il costolone centrale.
Preparate la farcia. Fate rosolare nel burro la pancetta e metà cipolla. Una volta pronti, uniteli alla carne trita, alla salsiccia, all’uovo, al pangrattato, al grana e noce moscata. Salate e pepate.
Prelevate circa un cucchiaio di impasto e ponetelo al centro della foglia. Chiudetela a pacchetto e fissatela con dello spago.
Con l’altra metà della cipolla fate un soffritto con un pò d’olio e poi versateci la polpa di pomodoro.
Una volta che si è scaldata adagiateci i capù e fateli cuocere per circa 30 minuti.
Io nel sugo amo metterci qualche fogliolina di salvia. Fate vobis.
e infatti ricorda i sarmales rumeni…
A Torino si chiamano ‘pes coij’ (spero di scriverlo giusto) cioè pesci cotti…nonostante non contengano nulla del pesce. 🙂
Scusa se mi permetto ma da bergamasca 100% ci tengo a precisare che i capu’ si fanno con la carne cotta (come tutti i ripieni bergamaschi). Quindi la trita e la salsiccia vanno fatti cuocere con la pancetta – che magari e’ quello che intendevi ma non si capisce bene. O se no si usano avanzi di carne gia’ cotta. Anche possibile l’uso della mortadella per sostituire una parte o anche tutta la carne/salsiccia.
Ciao Pola, ben venga il tuo contributo. Devo dire che di ricette ne ho trovate a bizzeffe, con carne cotta, cruda, cruda e cotta, salame. Anche i mondeghili milanesi si dovrebbero fare con solo carne cotta secondo tradizione ma io traligno 🙂 e ci aggiungo la carne cruda per renderli succulenti. Grazie
In Ungheria si chiama töltöt kapuszta, che sarebbe letteralmente cavolo ripieno.