Qualche settimana fa mi è capitata la rara fortuna di partecipare ad una verticale di Barolo Domenico Clerico. Se qualcuno di voi conosce il nome del produttore e soprattutto la qualità dei suoi vini, può capire l’emozione di degustare quattro Barolo Docg Ciabot Mentin Ginestra. Le annate? Presto dette: 2006, 2005, 2004 e la divina 1999! La cosa incredibile che oltre alla verticale di Barolo c’erano in degustazione quasi tutti i vini dell’azienda Clerico, compreso il Barolo Docg Pajana 2006. All’appello mancava solo il Percristina, una delle punte di diamante Clerico che mi regalerò a breve, sempre che qualcuno non voglia provvedere prima… nessuno si fa avanti eh? Immaginavo!:)
Stefano Cesana patron de Il Chiodo di Usmate era riuscito ad avere in sala il produttore stesso, uno di quei viticoltori “veri”, che vanno in vigna personalmente ogni santo giorno che Dio manda in Terra.
Parlare di Domenico Clerico è po’ come tracciare la storia dei viticoltori delle Langhe. Clerico fa parte di quella generazione che, a partire dalla fine degli anni Settanta, ha saputo credere nel sogno di una viticoltura contraddistinta da alta qualità produttiva, in grado di far scoprire le potenzialità inespresse di quel territorio. Uomini come lui, e come Angelo Gaja, furono considerati in quel periodo veri e propri “modernisti”, viticoltori nuovi, coraggiosi, che guardarono all’estero cogliendo, dalla Francia, l’innovazione del diradamento in vigna e l’utilizzo della barrique in cantina. All’esatto opposto stavano i cosiddetti “tradizionalisti”, che utilizzavano le botti grandi, vecchie, talvolta esauste; che guardavano al diradamento in vigna come a un sacrilegio contro l’abbondanza della natura. Nessun sacrilegio, verrebbe da dire, semmai una visione nuova che aveva compreso quali regole si nascondessero dietro alla parola “qualità”.
Oggi l’opposizione tra “modernisti” e “tradizionalisti” non ha più molto senso. Termini desueti, antichi, sorpassati. Chi ha abusato della barrique, andando dietro ad un mercato che chiedeva aromi sfacciati ed opulenti, è tornato sui propri passi. Chi non ha creduto nell’importanza della botte piccola, si è dovuto alla lunga ricredere. Ecco perché seguendo l’antico adagio “in medias stat virtus”, è più corretto parlare oggi di viticoltori “puristi”. Domenico Clerico lo è certamente. I suoi vini esprimono questa filosofia fatta di valorizzazione del vitigno, di esaltazione dell’annata e di comprensione profonda del territorio. In cantina la filosofia Clerico utilizza la barrique come uno strumento migliorativo del vino, per esaltarne la struttura, non per snaturarne le caratteristiche. La scelta quindi non può che cadere su tostature lievi, leggere, delicate che abbiano rispetto della materia prima, che sappiano cambiare in base al vino che si vuole ottenere.
L’azienda si trova a Monforte d’Alba, nelle Langhe, in uno degli undici comuni nei quali si produce il Barolo. Clerico coltiva Dolcetto, Barbera e Nebbiolo, i tipici vitigni piemontesi. Da quest’ultimo, il Nebbiolo, che definiscono “un vitigno che dà tanto lavoro, sia in vigna che in cantina”, vengono prodotti tre Barolo, un Langhe Rosso ed un assemblaggio che porta il nome di “Arte”.
Ma veniamo alla verticale di Barolo Docg Ciabot Mentin Ginestra.
“Il 2004 è stata un’annata eccellente. Si andava, quasi, in vigna a prendere il sole!” – hanno ironizzato Domenico e Luciano. Quest’annata ha prodotto un grandissimo vino, austero e molto tannico, caratteristica precipua di tutti i Barolo prodotti a Monforte d’Alba.
Il 2005, al contrario, è stata un’annata più difficile, con periodi caldi intervallati da forti temporali e giornate fredde, nel mese di agosto. Il vero problema si è presentato durante la vendemmia. Domenico ha guardato il cielo, annusato l’aria e ha deciso di anticipare di qualche giorno la raccolta del Nebbiolo. Questo sesto senso ha salvato le uve da ben otto giorni ininterrotti di piogge torrenziali, creando un prodotto unico nel suo genere. Domenico sostiene, infatti, che le migliori annate, degli ultimi decenni, siano il 1989, 1999 e proprio il 2005. Un vino ancora chiuso ma che, nel giro di qualche altro anno, saprà sprigionare una personalità propria, potente, elegante e complessa.
Il 2006 è invece un Barolo già pronto, meno potente rispetto al 2004, contraddistinto da una grande eleganza e tannini setosi.
Il Barolo Mentin 1999 è stato definito un eccellente “fuori concorso”, per la superiorità con cui si staccava rispetto alle altre annate. Un vino meraviglioso, perfetto, sia per finezza che per l’eccelsa complessità gusto-olfattiva.
Vi lascio le mie note sui vini degustati:
Langhe Nebbiolo Capismee 2009: colore rubino con lampi violacei. Al naso sprigiona la viola, l’amarena ed il tipico profumo di nocciola che non è dato dall’affinamento (solo acciaio), quanto dalla tipologia del vitigno. Fresco con tannini vivi.
Barolo Docg Ciabot Mentin Ginestra 2006: rosso granato. Un naso carico, intenso, molto balsamico. Ritornano a più riprese i frutti rossi (amarena), ed una bella viola appassita. In bocca è morbido, con tannini vivi, finissimo ed elegante. Un vino già pronto.
Barolo Docg Ciabot Mentin Ginestra 2005: rosso granato. Al naso rimane a lungo chiuso, per poi sprigionare una leggera nota balsamica che lascia il posto alla scorza d’arancia ed al cioccolato. Al palato ha tannini ancora un po’ grossolani che si affineranno col tempo. Un vino che si farà.
Barolo Docg Ciabot Mentin Ginestra 2004: rosso granato luminoso. Il bouquet è balsamico (mentolo, eucaliptolo), da cui emergono note di frutta rossa ed un pout pourri di rose secche. In bocca è austero, con tannini potenti ma eleganti.
Barolo Docg Ciabot Mentin Ginestra 1999: rosso granato tendente all’aranciato. Un bouquet strepitoso fatto di frutta cotta, spezie dolci, intervallato da ritorni balsamici. Tabacco aromatizzato, cioccolato bianco, etereo sul finale. Al palato ha tannini vellutati, presenti, ma elegantissimi, con una lunghissimo persistenza gusto-olfattiva.
Barbera d’Alba Trevigne 2008: colore rubino. La frutta rossa matura emerge come caratteristica dominante sia al naso che in bocca. Acidità spiccata.
Langhe Rosso Arte 2007: Rubino. Piccoli frutti rossi, vaniglia e spezie. In bocca è morbido ed avvolgente.
Barolo Docg Pajana 2006: Granato. E’ un vino austero, etereo con note di spezie e liquirizia dolce. In bocca dimostra un grandissimo equilibrio e tannini finissimi.
GIORDANA TALAMONA
annoto grazie! io adoro il barolo!