Non ho nessun legame con la terra toscana, le mie origini sono proprio altrove. Invece mio marito ha origini senesi e nonostante le sue altre radici lombarde, noto che i suoi gusti sono molto ancorati a sapori pepati e carnei. Io amo i dolci toscani perchè non li ritengo dei dolci. Per me un dolce è la Saint Honorè e non il panpepato, ma chi mi conosce sa che lo ritengo un plus e preferisco il castagnaccio al profitterol. Invece ho più “problemi” con la cucina toscana tradizionale. Ci sono cose superbe come i pici all’agliona, i crostini neri o la tagliata, ma devo essere onesta, se devo scegliere il piatto della domenica e travalicare i confini regionali, normalmente oriento la mia personale bussola del gusto più a est, nella la ghiotta Emilia Romagna o mi dirigo verso raffinato Piemonte.
Tuttavia c’è una cosa che preferisco della terra toscana all’area, a me più nota, della Lombardia: la zuppa di verdure. Il minestrone alla milanese è squisito, va fatto in stagione, cioè in primavera, quando ci sono tutte le verdure fresche. Io lo faccio di rado, e preferisco mangiare quello di mia mamma che ha la santa pazienza di pulire le verdurine e tagliarle tutte uguali.
Ma il minestrone alla milanese, che poi è il padre di tutti i minestroni che si spacciano per tali e vendono indegnamente nel bustone o tagliati a pezzettoni nella vaschetta dei freschi, è una miniestra brodosa, che può essere più o meno densa ma di fatto il brodo c’è e si vede. Nella ribollita no. E questo è molto tranquillizzante per una che deve combattere settimanalmente con il marito il quale ritiene i liquami edibili (come li chiama lui), nefandi e portatori delle “peggio cose”. Secondo l’uomo di casa le minestre non risanano ma acciaccano, e improvvisandosi alchimista barocco punta il dito sulla brodaglia accusandola di catalizzare malattie che rendono l’uomo debole e fiacco. Insomma, per farla breve, secondo lui questi piatti non appagano dalle miserie della giornata, quindi, di fatto, sono inutili. La ribollita invece è una minestra curiosa, un pò come la zuppa gallurese, è un saporitissimo mattone di verdure miste tra cui spicca il cavolo nero che gli dona una punta amarognola gradevolissima.
La ricetta che presento è prelevata da un libercolo dedicato al Chianti e ha una prassi di cottura decisamente originale: ad un certo punto la ribollita va sbattuta in forno. Se invece volete un dissertazione seria sull’evoluzione della ribollita vi rimando a Lilla la quale, come me, è una storica e scava e indaga nei meandri segreti degli archivi per appurare che, ahimè, le fonti forniscono quasi sempre una visione del passato parziale e lacunosa. Una ricetta ufficiale non esiste.
Post scriptum: la parte liquida che vedete nella minestra non è acqua ma olio (che poi andrà mescolato).
RICETTA
Ingredienti (per 4 persone)
- Foglie di cavolo nero, 8
- Verza, 1/4
- Bietole o spinaci, 50 gr
- Patate, 2
- Carote, 2
- Cipolla, 1
- Pomodori pelati, 200 gr
- Fagioli cannellini secchi, 100 gr
- Sedano
- Porro, 1
- Pane toscano sciocco , 4 fette grandi
- Olio extravergine di oliva
- Sale
- Pepe
- Un rametto di pepolino (meglio noto come Timo)
Lasciate in ammollo i fagioli per 12 ore. Sciaquateli e poi lessateli in acqua per 1 ora e 45 minuti. Affettate la cipolla e fatela appassire in un pò d’olio per 10 minuti a fiamma dolce. Non fatela imbiondire. Pulite e tagliate il cavolo nero tenendo solo le foglie, fate la stessa cosa con la verza e le bietole. Ora tagliate a dadini carote, sedano, porro, patate e pepolino (di cui eliminerete il rametto che rimarrà alla fine) e unite tutte le verdure alla cipolla e fatele soffriggere per 5 minuti. Unite anche i pomodori tagliati anch’essi. Salate e unite metà del liquido di cottura dei fagioli e fate cuocere per 50 minuti, poi unite metà dei fagioli e l’altra metà passatela nel passaverdura con la loro acqua rimasta. Continuate la cottura per 10 minuti. Mettete la ribollita in una zuppiera che possa andare in forno alternandola a fette di pane. Infornate a 180° per 30 minuti. Lasciate riposare per 1 giorno. Riscaldatela e completate con abbondante olio extra d’oliva e pepate.
VINO CONSIGLIATO a cura di GIORDANA TALAMONA
Chianti Classico Docg
La tradizione vuole che la ribollita venga lasciata riposare per 24 ore e poi riscaldata (da cui il nome ribollita). Del resto il giorno dopo è anche più buona!
buona la ribollita! col tempo che fa stasera (qui piove a dirotto) ce ne vorrebbe proprio un bel piatto! così mi risparmio anche di mettere in subbuglio la cucina 🙂
mai amato tanto le zuppe come questa.. mi ricorda un meraviglioso viaggio in toscana.. e mi ricordo ancora il sapore della ribollita calda.. splendida.. un bacio
Complimenti per il blog delle belle immagini e delle ricette niente male
…mamma mia! Forse troppo seria, o no?!;) Grazie per avermi inclusa nel post di una ricetta così buona!!
Grazie Sympo e Fabiana!
@ Gunther: grazie sono molto onorata della tua visita!
@ Lilla: la serietà non è mai troppa soprattutto quando è supportata da ricerche approfondite e da uno spirito critico che possiede gli strumenti per un analisi storica non campata per aria. Non amo molto gli approssimativi. 😉