Un mio caro amico – che è più tranquillo di un bardipo – mi dice che non devo essere polemica a tutti i costi. Ma mica lo faccio apposta. E’ che certi pensieri mi si affastellano in maniera naturale. In questi tempi di crisi la gente si mette a fare le cose più disparate: apre negozi in cui la piega e la tinta te la fai da te, ma poi paghi lo stesso, o viene a casa tua e ti fa il cazziatone perché sei disordinata e ti insegna a risistemare i cassetti. Io trovo tutto ciò ammirevole e segno dell’innato spirito di sopravvivenza che è in noi. Tuttavia…. Adesso c’è la questione delle acque minerali. E quindi è nata la “sinistra” figura del degustatore d’acqua (ci sono anche corsi per idrosomellier…nun ce se crede!), oltre a Water Store che fioriscono anche negli angoli della stazione. In realtà, è vero, le acque non sono tutte uguali. C’è più salata, più amara, più dolce, più fresca (si, anche più fresca).
Per esempio a me piace la Gaudianello che, tra l’altro, qui a Milano, si trova con difficoltà. Ma se mi presentano una Levissima o una San Pellegrino, non alzo i tacchi scandalizzata come se mi avessero portato un Barolo che sa di tappo (in realtà terminerei il pasto anche in questo caso). Infatti adesso l’acqua andrebbe cambiata ad ogni portata, come il vino, o addirittura abbinata a quest’ultimo. Avete appena stappato un Lambrusco Grasparossa? Allora buttatevi su una Sant’Anna a temperatura ambiente. Un Morellino di Scansano? Fate coppia con una Fiuggi del ‘97. Oppure perché non l’acqua trivellata da un iceberg, a 12 euro il litro?
Eppure credo non sia finita qui. Mi aspetto che a breve qualche uomo di marketing penserà a rifilarci una nuova tipologia di bicchieri da degustazione: quelli per l’acqua. Alla fine ci ritroveremo a tavola con cortine di bicchieri: 3 per parte, per un totale di 6. Per mangiare sulla difensiva, in decorosa solitudine.
Ma adesso c’è questa mania. Emblematico è il caso dell’acqua Panna. La cosa secondo me è andata un pò così. Questa era un’acqua che nei primi anni Ottanta vendevano anche nel Tetrapak. Non discuto sulla qualità dell’acqua, ma del “suo percepito” (scusate il termine). Tendenzialmente era vista come un’acqua leggera, femminile e un pò salutista, che andava bene anche per i piccoli. Ma certo non ricercata. Del resto un’acqua che vuole essere chic, nel tetrapack non ci sta. E’ come il Tavernello. Hai voglia a riabilitare il vino nel cartone, facendoti venire le vesciche in bocca a furia di schioccare il dito a mò di tappo (nel tentativo di infinocchiare gli amici nell’altra stanza).
Poi è arrivato Cracco con il suo uovo marinato e sono riusciti a fare un gemellaggio con l’acqua Panna, che nel frattempo aveva anche cambiato vestito. La pubblicità è bellissima – non a caso la firma Ogilvy – e l’acqua è stata nobilitata. E improvvisamente è diventata morbida e dolce ma, in altri casi, è rotonda come il whisky di Michele, voluttuosa, aggressiva, piccante, piacevolmente amarognola. Ma come? Io ero rimasta all’acqua liscia, gassata o al massimo Ferrarelle. Ma erano altri tempi e l’acqua minerale griffata si beveva e non veniva usata per lavare le verdure (leggete le deliranti ultime tre righe di questo articolo).
Comunque tranquillizzatevi se non riuscite a percepire tutta sta differenza tra un’acqua e un’altra. Un mio amico è arrivato a bersi una sorsata di anticalcare che la madre aveva incautamente travasato nella bottiglia della Uliveto. Lui ha pensato fosse andata a male. Ma vabbè, vi sto parlando di un caso davvero particolare.
Vi saluto e vado a brindare a questo folle mondo con un bicchiere di acqua del rubinetto. Quella che sgorga dalle Alpi. Una delle più buone al mondo.
Un’idea qui. Altre informazioni interessanti…qui.
Concordo sull’acqua Panna! Bellissimo articolo!