Pandolce

 

Non è bello dirlo sotto Natale. A Natale si dovrebbe essere tutti più buoni…eh…ma sappiate che per anni ci hanno rifilato una panzana sul Pandolce.

Lo so che, di questi tempi,  si può vivere bene lo stesso, anche sapendo che ci hanno rifilato qualche panzana sul Pandolce, ma sappiate –  visto che questo è l’argomento del giorno – che il Pandolce detto “antico”, cioè quello basso e rusticotto, è più giovane di quello alto e gonfio.

Da qualche parte, sebbene non ricordi il luogo, una simpatica signora ci rende edotti: negli anni Settanta, quando la parola antico, che era appioppata a qualunque cosa, dotava la cosa stessa di una marcia in più (come oggi il bio, anche se pochi sanno che vuol dire, io per prima), questo termine fu attribuito a un prodotto da forno, molto più semplice e sbrigativo del suo predecessore.

Effettivamente, nel nostro immaginario, ciò che è basso e compatto deve essere per forza più vecchio (basti pensare al panforte o a certe torte medievali dür-legnos). Ciò però non è: strategie di marketing si dice da qualche anno. Insomma, questo per dire che, io, nella strategia, ci son cascata.

Torniamo al dolce. L’antica tradizione ligure natalizia, prevedeva che il più giovane della famiglia levasse il rametto di ulivo che veniva conficcato in cima al dolce, per poi conservarlo come simbolo di buon auspicio. Il più anziano invece porzionava: due fette di dolce venivano riservate, una per il primo viandante che avrebbe bussato alla porta e l’altra per San Biagio (3 Febbraio), protettore della gola e consumata quasi come atto eucaristico a salvaguardia di questi malanni.

Dolce buono, rustico, denso (qualche candito in più ci sarebbe stato meglio!) e che già in forno sprigiona un profuno estasiante, dato dai molteplici aromi che lo compongono.

Compagni di Blogger non finisce qui: ai distratti dico di riavvolgere la pellicola e andare a gustarsi (almeno con gli occhi) le preparazioni di ieri: Tina e Pasqualina hanno proposto due dolci natalizi tradizionali, di due zone geograficamente molto distanti, ma ugualmente superlativi. Domani vi aspettano le ricette di Maria e Antonia che ci delizieranno con due dolci della tradizione campana davvero imperdibili!

Oggi insieme a me ci sarà Daniela; fatevi un giro, ne vale la pena!

pandolce genovese fetta

Ricetta x 2 pani (da qui)

Pandolce genovese alto (quello antico)

 Ingredienti

    • Farina 00, 500+300 gr
    • Lievito di birra, 20 gr
    • Burro, 100 gr
    • Zucchero semolato, 250 gr
    • Acqua di fiori di arancio (metà acqua e metà fiori d’arancio), 115 gr
    • Vinsanto, Marsala o Passito, 1 bicchierino
    • Uva sultanina o passa, 200 gr*
    • Pinoli, 100 gr*
    • Frutta candita cedro ( e arancio), 100 gr*
    • Semi di anice (o di finocchio), 50 g
    • Sale, q.b.

* a mio avviso la quantità è poca, la frutta secca tende a “perdersi” un pò; raddoppiatela senza problemi.

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Preparate il giorno prima il lievito (biga):  dal totale della farina prelevatene 300 gr e versatevi il lievito diluito in mezzo bicchiere d’acqua tiepida.

Impastate con cura, aggiungendo se necessario altra acqua. Una volta ottenuta una palla piuttosto omogenea porla in una ciotola coperta da pellicola e farla lievitare in luogo tiepido epr tutta la notte.

Il giorno dopo ammollate in acqua l’uva e tagliare i canditi in pezzi (non usate i canditi pretagliati in quadrucci, andate a comprarli in qualche spaccio interi e poi tagliateli: il mio consiglio è di non tagliarli troppo piccoli ma di tenerli grossi circa 1 cm.

Disporre sul piano di lavoro la farina rimasta e versateci il burro fuso ma freddo, l’acqua di fior d’arancio, il vino liquoroso, lo zucchero, un cucchiaino raso di sale di sale e la pasta lievitata. Lavorare con cura e se necessario aggiungere acqua per ottenere morbido e omogeneo morbido e omogeneo.

Stendete la pasta in modo da realizzare un disco spesso e distribuiteci sopra le uvette strizzate, i canditi l’anice e i pinoli. Lavorate con forza la pasta per 15 minuti incorporando bene tutto quanto.

Tagliate in due l’impasto, dategli la forma caratteristica del pandolce e poneteli su placche unte di burro. Legate i pandolci con uno strofinaccio alla base (arrotolate lo strofinaccio e giratelo intorno alla base) in modo che lievitando non perda la forma; incidere a triangolo la sommità con un coltello. Fate lievitare per altre 12 ore.

Terminata la seconda lievitazione, togliere il tovagliolo e ponete in forno a 180°, per circa 1 ora. Il pandolce sarà pronto quando la crosta avrà un bel colore bruno e l’interno asciutto (testate con uno stecchino di legno).

Il nostro Bacco consiglia: “Confermiamo l’abbinamento regionale con il Pigato, uno dei migliori vini dolci italiani, quasi introvabile. Quello di Poggio dei Gorleri sicuramente ne è una delle espressioni più belle” Luciano Pignataro.